Ogni tanto questi pensieri entrano tra i discorsi miei con L.
Dall'inizio della nostra storia, fino all'oggi con i cuori scalpitanti, abbiamo entrambi delle resistenze all'uso di certe parole: "amore!"
Cosa ci suscita? Paura? Impegno? Indecisione? Responsabilità?
Ci ridiamo su: "che parola è? in che lingua? non conosco il danese..."
Ci ridiamo su: "che parola è? in che lingua? non conosco il danese..."
Ne parliamo e poi glissiamo e poi ancora ci ritorniamo. Con la serenità di non cercare una risposta a tutti i costi. Eppure, se guardiamo alle azioni, al nostro vissuto, non sarebbe così difficile usare questo termine.
Ho trovato pensieri simili nel libro che sto leggendo. Non proprio immediato, molto elucubrativo, ma che ben descrive l'animo umano: le aspirazioni e le delusioni di Elias, un ormai anziano professore norvegese che, dopo una vita di calma e autocontrollo, esplode in una crisi di rabbia. Crisi "sconveniente", "imperdonabile", per come la vive lui e che proviene da una insoddisfazione soffocata.
L'estratto che qui pubblico racconta della sua vita matrimoniale con Eve, la bellissima ex-moglie del suo miglior amico, abbandonata e affidata alla sorte di Elias.
Una storia "etero", ma che non si confina nei soli amori tra uomo e donna. Può raccontare di ogni amore, anche gay, può raccontare di ogni amore dove le conferme arrivano nei gesti ma non si esprimono nelle parole.
Il professor Rukla si deve definire un uomo soddisfatto [...] per quanto Eva Linde non gli dicesse mai con una sola parola che lo amava. Lui non capiva perché, ma visto che si era trasferita da lui, nel nuovo appartamento che lui aveva comprato e in seguito disse sì al matrimonio con lui, doveva pur amarlo. Tuttavia, per un motivo o per l’altro, non riusciva a dirglielo.
[...]
Lei però era venuta da lui, ed era stata lei a prendere l'iniziativa perche si avvicinassero. La mattina faceva colazione con sua moglie, meravigliosamente bella, e la figlia di lei piuttosto instabile. Era la sua nuova vita. Il pomeriggio e la sera stavano insieme, il più delle volte nell'appartamento, mentre la figlia correva avanti e indietro. La notte dormiva con lei, in una camera appositamente arredata dell’appartamento di Jacob Aalls gate - già, così voleva esprimere la cosa, perché dire che dormiva con lei in camera da letto o nella loro comune camera da letto esprimeva così poco di ciò che sentiva nel dormire insieme a Eva Linde, tanto che, tra sé, chiamava sempre la camera da letto «la camera appositamente arredata dove dormo con lei». E se anche suonava pomposo voleva comunque indicarla così, tra sé, perché era così che andava indicata, anche se non davanti ad altri, inclusa Eva, che avrebbe magari potuto sentirsi un po' in imbarazzo, in imbarazzo come poteva sentirla di tanto in tanto durante il vero e proprio atto sessuale, quando si donava a lui, ma spesso con il viso semigirato dall'altra parte, e lui non poteva sapere con certezza se fosse l'espressione della sua indole o l'espressione di qualcos'altro, che a volte lo faceva singhiozzare: Ti amo, ti amo. E allora lei gli accarezzava la nuca, o le spalle, e lo guardava, dritto negli occhi, ma senza dire niente; il fatto però che lo accarezzasse gli bastava.
[… ]
Forse lei in realtà avrebbe preferito essere in tutt'altro posto, dove però non le era possibile essere, e non potendo essere dove più avrebbe desiderato, preferiva allora essere dov'era, da lui? Ed era questa la ragione del suo silenzio? Sì, se così fosse, sì, Eva Linde, sì, stai qui.
[… ]
Con il passare del tempo Elias Rukla diventò cauto nell'esprimere il suo amore per lei, perché era evidente che quando glielo diceva, lei non poteva rispondere con le stesse parole, e allora Elias sapeva che avrebbe dovuto astenersi dall'esprimerlo, e anche se ogni tanto faceva molta fatica ad astenersi, sentiva che era giusto farlo. Ecco perché comunicavano in quel modo: lei che rideva verso di lui, con i suoi pantaloni appena stirati, e lui che si alzava dalla scrivania, le andava vicino e la stringeva in un grande abbraccio. Così era tra loro. Elias Rukla la trattava con grande cautela, per non metterla in imbarazzo. Di tanto in tanto, quando si credeva inosservata o quando dimenticava che lui era lì, lei poteva fissare lo sguardo assente davanti a sé e il suo viso assumeva un'espressione triste, sì, sembrava proprio infelice. Ma non appena si accorgeva di essersi assorta, e che lui era nella stanza, mutava espressione nel suo esatto contrario, rideva verso di lui provando a cancellare l'espressione che le era inavvertitamente sfuggita; ed Elias era preso dalla disperazione, poiché non capiva perché mai lei dovesse nascondergli di essere stata infelice per un momento; anzi, neppure se il suo stato d'animo fosse stato fondamentalmente infelice tutto il tempo lei avrebbe dovuto nasconderglielo, perché lui accettava che le cose fossero com'erano, e anche che non poteva fare niente per lei in tal senso.
(Solstad Dag - Timidezza e dignità)
Forse lei in realtà avrebbe preferito essere in tutt'altro posto, dove però non le era possibile essere, e non potendo essere dove più avrebbe desiderato, preferiva allora essere dov'era, da lui? Ed era questa la ragione del suo silenzio? Sì, se così fosse, sì, Eva Linde, sì, stai qui.
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Con il passare del tempo Elias Rukla diventò cauto nell'esprimere il suo amore per lei, perché era evidente che quando glielo diceva, lei non poteva rispondere con le stesse parole, e allora Elias sapeva che avrebbe dovuto astenersi dall'esprimerlo, e anche se ogni tanto faceva molta fatica ad astenersi, sentiva che era giusto farlo. Ecco perché comunicavano in quel modo: lei che rideva verso di lui, con i suoi pantaloni appena stirati, e lui che si alzava dalla scrivania, le andava vicino e la stringeva in un grande abbraccio. Così era tra loro. Elias Rukla la trattava con grande cautela, per non metterla in imbarazzo. Di tanto in tanto, quando si credeva inosservata o quando dimenticava che lui era lì, lei poteva fissare lo sguardo assente davanti a sé e il suo viso assumeva un'espressione triste, sì, sembrava proprio infelice. Ma non appena si accorgeva di essersi assorta, e che lui era nella stanza, mutava espressione nel suo esatto contrario, rideva verso di lui provando a cancellare l'espressione che le era inavvertitamente sfuggita; ed Elias era preso dalla disperazione, poiché non capiva perché mai lei dovesse nascondergli di essere stata infelice per un momento; anzi, neppure se il suo stato d'animo fosse stato fondamentalmente infelice tutto il tempo lei avrebbe dovuto nasconderglielo, perché lui accettava che le cose fossero com'erano, e anche che non poteva fare niente per lei in tal senso.
(Solstad Dag - Timidezza e dignità)
beh io sono uno di quelli che non lo ha mai detto .. non lo so perchè...
RispondiEliminaIo al contrario lo dico frequentemente, ma ti garantisco che non è per sminuirlo, anzi ogni volta che lo dico, anche in senso di tenerezza verso chi conosco, lo faccio per tentare di trasmettere tutto l'affetto che ho dentro e che vorrei proteggesse tutti quelli a cui tengo... Ecco...
RispondiEliminaè comprensibile pero'...almeno dal mio punto di vista e cioe' da dentro il mio armadio, questa parola anch'io l'ho bandita....credo per il mio bene per "vivere bene" e... lo so benissimo facendomi cmq del male:)
RispondiEliminalost
In principio anche io non riuscivo a dirlo..poi è arrivata la persona giusta e addio reticenze!
RispondiEliminala penso come Miky io non dico mai amore.. o cose del genere. Certo se dico certe cose è perchè lo penso per davvero. Ma è diverso .. al mio ragazzo non lo chiamo mai amore.. certo i ti amo si dicono ma dosati :) vanno meritati. :P
RispondiElimina(In)consapevole... in un post precedente parlavi di "paura di stancare", "paura di stancarsi", "fatica a fidarsi", "voler essere parte del tutto nella storia dell'altro"... oggi ritorni sull'argomento, ma con parole diverse :-)
RispondiEliminaanche il tuo è uno di quei blog(come talvolta, spero, anche il mio) da sfogliare con una mano sola :D
RispondiElimina@ Piccololord.84 - come dicevo nel post... anche per me c'è questa fatica...
RispondiElimina@ Miky - sei tenero. Molto :)
@ lost - negli armadi certe parole non riescono ad uscire, ma il rimbombo all'interno ha un'eco che può far male. Il silenzio diventa la conseguenza naturale
@ Still - the right one,... forse che si preservino le parole in attesa di quello?
@ Rafaele - Ho capito cosa intendi, niente "amore" gratuito e ben misurato. Miky intendeva l'opposto però.
@ Capricornus - corsi e ricorsi, di quel che sono, di quel che penso, delle mie fatiche...
@ Anxiety - beh il tuo, fotograficamente parlando è molto ma molto... personale! :P
Lo ammetto... :)
RispondiEliminaMa non vi siete detti mai "amore" per chiamarvi o non vi siete mai detti "ti amo"?
RispondiEliminaLe parole sono importanti, è vero... A volte, però, è più importante il loro significato. E un significato è il valore che si attribuisce, il plus che ci fa intendere un concetto piuttosto che un suo simile o contrario. Allora il significato di Amore è in tutto... Una parola, certo... Ma anche un gesto, un sorriso, una carezza, uno sguardo...
RispondiEliminaAmore è dappertutto, basta saperlo intendere...
ma quanto è bello il nostro inconsapevole innamorato con i turbamenti i dubbi degli adolescenti good luck T.
RispondiElimina@ I'M SO GUY - sguardi, passione, gesti... quelli non mancano ;)
RispondiElimina@ loran - assurdamente... no!
@ Malakh - bellissime parole quelle che hai scritto. Grazie.
@ T. - turbamenti adolescenziali in età matura: bello? O patetico? :)
perche' cerchi sempre una doppia lettura nelle cose? baci T.
RispondiElimina@ T. - forse perchè non sono avvezzo ai complimenti? :)
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