Mi ha scritto giorni fa un lettore: un uomo maturo che confida di essere, come me, "in the closet". Esperienza diffusa, me ne sto rendendo conto dai feed-back che ricevo.
Anche lui ha un blog e alimenta la sua "vita segreta" dando spazio e sfogo alle sue fantasie in questo modo virtuale. Una frase sua mi ha particolarmente colpito: "vivere la mia omosessualità è da sempre una lotta ma ormai ci sono abituato e questo segreto, il mio segreto, è diventato il mio modo di vivere".
E' così anche per me, me ne rendo conto. Il mio "segreto" è una parte di me, ormai così naturale al punto che non definirei più questo mio vissuto come "lotta" e neppure come "maschera". Semplicemente io mi sento così: un vissuto affettivo che è privato, solo mio.
Nella mia giovinezza, complici anche alcune tendenze bisessuali, pensavo e speravo che prima o poi il mio lato gay svanisse crescendo. Poi vidi che non succedeva. Non fu facile rendersi conto di questa impossibilità a cambiare fino a che, forse per sfinimento interiore, accettai che io ero così, e non era nè cosa cattiva, nè cosa buona. Ero semplicemente... così! Questa accettazione è dentro di me, mentre esteriormente il "segreto" vive ancora.
Ricevo anche altre e-mail: da chi mi sprona a fare coming out, a chi mi provoca a fare coming out, a chi mi deride o si arrabbia perchè non faccio coming-out. Tutto serve per confrontarmi.
Ricevo anche e-mail (molte meno in verità, ma anche queste ci sono), di chi rimpiange di aver fatto coming-out, di chi vive con più fatica oggi che quando manteneva la sua affettività nella sua sfera privata e segreta.
Questo per dire che non c'è mai una soluzione univoca, un'unica strada da percorrere, un unico cammino, un unica possibilità.
Il tutto va ben soppesato, scelto. Perchè da certe strade non si deve tornare indietro e forse neanche si può.
Ancora una volta, questi pensieri, li ho ritrovati già scritti come se li avessi scritti da me:
Talvolta Philip pensava a cosa sarebbe successo se sua madre lo avesse sorpreso circondato dalle sue lucide riviste, mucchi interi sparpagliati dappertutto sul pavimento, variopinte come i giocattoli e i tasselli delle costruzioni con le quali, da bambino, si era spesso costruito castelli in miniatura per abitarci lui stesso. Immaginò l'espressione della sua faccia, gli occhi spalancati, la bocca aperta per la confusione. Oltre questo, non riusciva a immaginare niente. La sua vita, supponeva, sarebbe finita in un lampo, com'era incominciata. Con un po' di fortuna, sarebbe rinato senza questo bisogno.
Fu solo molti anni dopo che Philip riuscì a guardare in faccia questa possibilità, a immaginare la scena che non si verificò mai, la scena in cui sua madre entrava nella sua stanza e lo sorprendeva chino sulla sua lettura pornografica. Immaginò l'effetto che gli avrebbe fatto essere costretto a parlarne, ammettere le gonfie erezioni e i "giocattoli" degli annunci pubblicitari e i sergenti dei fotoromanzi, "che serravano le labbra" su reclute accondiscendenti. Sua madre forse avrebbe reagito relativamente bene, decise. Avrebbe lasciato la stanza, dandogli il tempo di ripulirla. Più tardi, con calma, sarebbe tornata sull'argomento, avrebbe detto qualcosa di saggio per non parlarne mai più, immaginando, supponeva Philip, che questa fosse una fase infantile, che col tempo avrebbe superato. E lui, cosa avrebbe detto lui? La sua vita sessuale si era nutrita in segreto; non ne aveva mai parlato con nessuno, neppure con se stesso. Poteva essere reale qualcosa di così privato, si chiedeva? Non gli sarebbe capitato un giorno o l'altro di conoscere una ragazza, e innamorarsene? Non si sarebbe verificato un cambiamento degli ormoni sui quali stava imparando qualcosa proprio in quei giorni durante la lezione di scienze, che gli rendesse possibile fare l'amore con una donna come tutti gli altri uomini, sposarla come tutti gli altri uomini? Allora se ne sarebbe liberato, di quell'altra vita, della vita segreta; gli sarebbe scivolata via di dosso, sconosciuta a tutti salvo che a lui, come un guscio, e lui ci avrebbe ripensato come a un sogno lontano. Solo se sua madre l'avesse scoperto, se l'avesse sorpreso - solo allora non avrebbe più potuto tornare indietro. (D. Leavitt - La lingua perduta delle gru)