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mercoledì 1 giugno 2011

Dinamiche

Il controllo nel rapporto sessuale, l'intimità totale, il proprio e l'altrui piacere,la paura di stancare, la paura di stancarsi, la fatica a fidarsi, il voler essere parte del tutto nella storia dell'altro... Queste dinamiche raccontate, credo di averle già provate tutte. E a voi, cosa suscitano queste parole?
Eliot era seduto al grande tavolo da disegno nel soggiorno del suo appartamento, la testa piegata in concentrazione, mentre il rapidograph graffiava rumorosamente la carta sotto la luce di una lampadina da duecento watt. Stava lavorando a un progetto promozionale per il settore libri per bambini dell'editore di Derek Moulthorp. Non parlò, non parve nemmeno accorgersi che Philip era nella stanza, a osservarlo. Poi. dopo qualche minuto, posò la penna, fece schioccare le nocche, si alzò, e guardò il lavoro in corso da parecchie angolazioni. 
"Niente male" disse. Philip lo fissò. EIiot si incammino verso il piumone, adesso ripiegato a forma di sofà, e vi si sedette sopra. "E tu che ci fai da queste parti durante la pausa di colazione, eh? "chiese Eliot. "Mi mancavi" disse Philip. Gli si sedette accanto, gli mise una mano sulla spalla e l'altra sulla coscia. Poi si protese a baciarlo, ed Eliot piegò la testa in giù di modo che le loro fronti si unirono e slittarono l'una contro l'altra come dei cuscinetti a sfera. Mani sulle spalle, mani sulle cosce. Eliot si lasciò andare sul piumone, per una volta contento di lasciar fare a Philip il lavoro.
C'era un particolare aspetto competitivo nei loro regolari scambi amorosi notturni che questo pomeriggio era assente. Di solito Eliot insisteva nel controllare tutto quanto, nell'essere al tempo stesso il portatore e il destinatario del piacere. Gli piaceva sorprendere Philip facendo esattamente quello che Philip voleva che facesse ancor prima che Philip avesse la possibilità di chiederglielo. Quando facevano l'amore di notte, Eliot si assicurava sempre che Philip venisse per primo, affermando così la propria condizione di sensualista supremo, e di amante esperto. Per un po' Philip riusciva a opporsi a questo sforzo da parte di Eliot, ma per quanto ce la mettesse tutta per far venire Eliot per primo, per quanto si valesse di ogni sorta di trucco per ottenere un vantaggio, per quanto impiegasse tutta la sua astuzia e la sua abilità nell'accarezzarlo per costringere Eliot a rivelare i suoi punti vulnerabili, non ce la faceva proprio. Eliot riusciva sempre a trattenersi più a lungo, e così vinceva sempre la battaglia del differimento dell'orgasmo che sottolineava i loro scambi amorosi altrimenti pieni di un affetto zelante. Oggi era l'eccezione. Oggi, per qualche motivo - limiti di tempo, stanchezza, affetto, noia - Eliot si sdraiò, completamente vestito, coi jeans aperti, le mutande abbassate, e lasciò che Philip facesse l'amore con lui, assorbendo la vista degli occhi chiusi di Eliot e della bocca aperta che respirava, dei suoi piedi nudi e bianchi, del suo pene eretto ed elastico che sbucava fuori dai pantaloni aperti. E quando, a tempo debito, Eliot incominciò a gemere e i suoi fianchi cominciarono a ondeggiare e le sue mani, invece di accarezzarli gentilmente, incominciarono a tirare i capelli di Philip, Philip pensò che avrebbe potuto morire d'amore per lui, e cercò di registrare nella memoria tutte le sensazioni simultanee che stava sperimentando. 
Eliot tirava e spingeva ed entrava e usciva dalla sua bocca, il che dava il segnale per allungare la mano sotto la sua camicia e pizzicargli i capezzoli. 
Poi emise un lieve sospiro, e senza preavviso un liquido spesso e salato schizzò nella bocca di Philip - fu un po' una delusione, dato che si aspettava un getto violento, che lo spruzzasse fino alla gola. Eliot tirò un respiro profondo, con la bocca aperta, e le sue mani abbracciarono la testa di Philip.
Rispettosamente, a dispetto delle precauzioni sanitarie, Philip fece quello che non aveva mai fatto con altri uomini: ingoiò. Poi si alzò, baciò Eliot sulla bocca, e andò a bere un po' d'acqua. 
Con destrezza Eliot si tirò su la cerniera, un pacchetto reincartato, una busta risigillata. Lo seguì in cucina; ricambiò il suo bacio. Di nuovo si strofinarono le fronti. 
«Eliot» disse Philip.
«Hmm?»
«Ricordi che quando ci siamo conosciuti dicesti che mi avresti presentato a Derek e Geoffrey?»
«Sì.»
«Be', credi che potremmo invitarli a cena o qualcosa del genere?»
Eliot bevve un sorso di caffè e non rispose. Philip trattenne il respiro, perché era convinto che ogni richiesta che faceva a Eliot, ogni centimetro che guadagnava insinuandosi nella sua vita, sarebbe stata una richiesta di troppo, un gradino di troppo, ed Eliot si sarebbe allontanato da lui.
Invece Eliot posò la sua tazza di caffè e disse: «Direi che è fattibile».
«Davvero?» disse Philip.
«Certo» disse Eliot. «Anzi, ti dirò di più: chiamerò Geoffrey questo pomeriggio.»
«Grazie» disse Philip. «Grazie, grazie.» E lo abbracciò. Poi disse: «Eliot?».
«Sì?»
«Quanti anni avevi quando sei stato adottato?»
Eliot inspirò ed espirò, poi disse: «Tre».
«Quindi non ricordi granché dei tuoi genitori?»
«Non molto. Ero piuttosto piccolo.» Si allontanò da Philip.
«Lo sai che ore sono?» disse.
«Oddio, non dirmelo.»
«Me l'hai detto tu di dirtelo.»
«Sì, lo so, ma non farlo.»
«Non vorrai perdere il tuo lavoro, vero?»
«No» disse Philip. Raggiunse Eliot e lo cinse in un abbraccio. «Restiamo così solo qualche minuto ancora» disse. Più che il sesso, più che parlare, era questo che gli piaceva: appoggiare la testa sulla spalla di Eliot.
Sullo sfondo udirono l'urlo smorzato di un disco di Jimi Hendrix tutto rigato, insieme a voci adolescenti di Menudo che uscivano dalla radio di una bambina. La finestra della cucina incorniciava un pomeriggio che era grigio acciaio, senza sole ma impietosamente luminoso.
«Non ti va molto di parlare dei tuoi genitori, vero?» disse Philip. «Come mai? Ti puoi fidare di me.»
Eliot non rispose. Lasciò andare Philip, e si incamminò verso la finestra dall'altra parte della stanza. «Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese Philip, improvvisamente timoroso di averlo offeso. «Mi spiace se ho detto qualcosa di sbagliato.» Seguì Eliot al capo opposto della stanza, lo circondò con le braccia. Il corpo di Eliot era inarcato.
«Ti stai stancando di me, vero?» disse Philip. «Lo sapevo.»
«Philip, per favore! Cristo santo!»
«Oddio, sto mandando tutto per aria oggi, vero?» Affondò la testa nella spalla di Eliot.
«Rasserenati» disse Eliot. «Non essere sempre così preoccupato.» Affondò la mano nella spalla di Philip, la strinse con forza, e Philip fece una smorfia di dolore. «Ti preoccupi troppo» disse Eliot. «Cerca di non farlo.»
«D'accordo.»

Dondolarono avanti e indietro sul vecchio linoleum come una coppia in una vecchia sala da ballo, con una palla ricoperta di specchietti che ti vortica sopra la testa. Era come un cartone animato che Philip ricordava dall'infanzia, in cui le note musicali ballavano insieme e trombe e sassofoni suonavano da soli con mani agili guantate di bianco.
(David Leavitt - La lingua perduta delle gru)

8 commenti:

  1. ... la paura di stancare, la paura di stancarsi, la fatica a fidarsi, il voler essere parte del tutto nella storia dell'altro ...

    Questo vuol dire tutto per me!

    10eLode il romanzo, ma questo l'ho già detto...

    P.S. saluti, compagno di nottate... ;)

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  2. E' molto bello questo passaggio del libro, che rileggerei volentieri se non avessi eliminato il libro dalla mia biblioteca per "paura" che qualcuno capisse qualcosa del "mio segreto". Questo passaggio descrive molto bene lo stato d'animo dell'innamorato che, insicuro di sè, teme di essere abbandonato o non sufficientemente accettato ... E' uno stato d'animo che anch'io ha vissuto.
    Anche la descrizione della dinamica sessuale, l'attenzione al piacere dell'altro prima del proprio è un'attenzione che fa parte delle mia esperienza, peraltro non estranea anche al mio cucciolo. Qui è descritta in modo magistrale!
    Grazie a te per questo post! Spero di poter recuperare il libro di Leavit ...

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  3. Le relazioni amorose sono sempre piene di implicazioni a vari livelli che a volte è difficile spiegarsi specie a se stessi.
    In America c'è più abitudine a parlare della propria intimità nell'ambito della coppia, anche se a volte sia l'eccesso di dialogo e analisi come che il loro contrario sono spesso causa del naufragio di una relazione.
    Come la giri la giri l'amore è come le sabbie mobili non sai mai se il prossimo passo reggerà il tuo peso o sprofonderai.

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  4. @ Miky - in questa "sintonia" sui nostri vissuti ti sento ancor più vicino. Un abbraccio.
    P.S: Se scrivi "compagno di nottate" il mio L. mi lincia. Non perchè pensa che abbiamo combinato ma perchè non l'ho invitato eh eh...

    @ I'M SO GUY - mi fa piacere riuscire ad incantare con le giuste immagini i miei lettori

    @ Parigino - già, io uso le parole di altri per esprimere ciò che non riuscirei mai a fare con le mie parole. E' sempre bello lo scambio e dirci che certi vissuti sono comuni. Abbraccio a te e al tuo cucciolo.
    P.S.: il libro è facilmente rintracciabile in libreria perchè è stato da poco ripubblicato.

    @ loran - è che l'amore non segue consigli, non impara mai dai suoi errori, non si lascia imbrigliare. E' il bello e il brutto di questa esperienza. :)

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  5. La paura di stancare è un cruccio che mi porto dietro sempre..

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  6. No problem, caro mio, lo sai che sn generoso in questo "settore"... :P

    Condvidivo volentieri l'abbraccio! :)

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  7. queste parole sono tutto,e devo ringraziare una persona se oggi l'ho compreso.meglio tardi che mai...mi vergogno un po di non trovare il tempo per leggere(ma non c'è!!):/ questo libro devo leggerlo:)
    lost

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  8. @ Still - è un cruccio che appartiene a molti, a me molto, e credo nasconda insicurezza, paura dell'abbandono, bisogno di conferme. Credo...

    @ lost - non so chi devi ringraziare ma dovremmo ringraziare di certo Leavitt per aver dato voce così chiara a certi vissuti.

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