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lunedì 20 agosto 2012

Letture d'estate: Tradimenti virtuali

II sette di marzo se ne andò così com'era venuto. Walter non lasciò il suo lavoro. In ufficio la sua segretaria celebrò l'inizio del sesto anno di lavoro con lui con il dono di un garofano e di una cartolina che, una volta aperta, cantava il Valzer delle candele con voce metallica da computer. A parte questo, gli unici altri segni della ricorrenza furono una lettera di uno dei soci che sì congratulava con Walter per il lavoro svolto ed esprimeva la speranza che la sua collaborazione sarebbe durata altri cinque anni, e un messaggio della posta elettronica che trovò accendendo il computer dell'ufficio nelle prime ore della serata dell'anniversario. Era di Bulstrode, uno dei suoi amici di computer. 

Per: Avvocato Bonazzo 
Da: Bulstrode 
Oggetto: Quinto Anniversario 
Walter, 
Congratulazioni! Hai appena superato il punto di non ritorno. Hai resistito alle tentazioni e ci sono grosse ricompense in serbo per te. Benvenuto nel mondo vero! Addio sogni e chimere giovanili! Aspetta di battere i quaranta! 
Con affetto, Bullie. 

Walter sorrise, gli parve una strana ironia che tra tutte le persone della sua vita, soltanto Bulstrode, che in fondo non faceva affatto parte della sua vita, si fosse preso la briga di notare la scadenza di questo giorno piuttosto significativo. 
Bulstrode era un banchiere di Louisville, Kentucky, e si erano conosciuti (se conoscersi era la parola giusta) in una uggiosa domenica invernale in cui Walter stava passando in rassegna l'elenco dei nomi memorizzati nel canale gay del compuservice in cerca di qualche approccio amoroso o di una conversazione oscena. (Il tutto veniva descritto agli amici come "pornografia interattiva".) Walter si era divertito la prima volta che, tra tanti Schiavi Consenzienti, Mutandine Sudate, Bulloni a Presa Rapida, e Punte Erette aveva notato la sigla insolita e aggressiva del suo amico di Louisville, e dato che Bulstrode era uno dei personaggi preferiti di uno dei suoi libri preferiti, Middlemarch, gli inviò un messaggio chiedendogli se fosse davvero da intendersi come un'allusione letteraria. Bulstrode rispose chiedendo una chiacchierata; così si chiusero in ritiro in quella piccola stanza privata immaginaria dove Bulstrode ammise che Walter aveva indovinato la fonte della sua ispirazione. Era Bulstrode perché Bulstrode, come lui, era un banchiere, e poi sufficientemente violento da interessare anche i meno colti. Ma chi era questo Avvocato Bonazzo che aveva riconosciuto un personaggio di Middlemarch? E che cosa ci faceva in quel mondo di computer semianalfabeta? «Informazioni» digitò Bulstrode, «voglio informazioni!» 



Nelle sue passate comunicazioni al computer Walter era stato reticente, restio a fornire informazioni reali, ma Bulstrode per qualche ragione lo metteva a suo agio. Walter ammise alcuni fatti salienti, badando bene a non essere troppo specifico, e poi fece a Bulstrode delle domande sul suo conto, argomento che questi non toccava con molta facilità, non tanto, sospettò Walter, perché avesse qualche cosa da nascondere, quanto perché i fatti della sua vita semplicemente non avevano per lui molto interesse. La biografia di Bulstrode, di cui vennero forniti alcuni brani, non apparteneva al mondo reale, fu chiaro abbastanza presto. 
Quando Walter gli chiese quanti anni avesse, lui rispose «Bulstrode ne ha trentadue» cosa che gli fece venire il sospetto che il banchiere di Louisville fosse notevolmente più vecchio. Nel frattempo, Bulstrode rivelò di avere più di un alter ego: in momenti di estrema frociaggine era "Rick-18", e al massimo della fregola era "Padrone Spietato". Il suo nome vero era George o Martin, a seconda di quando glielo si chiedeva. Disse di essere alto un metro e novanta e di pesare ottantacinque chili, di avere capelli castani, occhi azzurri, la barba, un petto mediamente villoso e un cazzo lungo ventitré centimetri. Probabilmente erano tutte bugie. Perché non mentire, dopotutto, quando c'erano tante barriere fra te e la persona a cui stavi parlando? Che male poteva fare? Comunque, questi particolari, una volta liquidati, non ebbero mai molto peso nelle conversazioni di Walter e Bulstrode, persino quando queste conversazioni prendevano una piega decisamente sessuale.



Una fredda domenica sera Bulstrode chiese a Walter di telefonargli. Parve un passo inevitabile, come i rapporti sessuali al terzo appuntamento. Walter era nervoso ed eccitato mentre componeva il numero, come se fosse sul punto di fare qualcosa di proibito, ma in realtà non fece che premere dieci tasti, cui seguì una lontana serie di squilli. 
«Pronto?» 
«Bulstrode?» chiese Walter. 
«Walter? Salve!» e Bulstrode scoppiò a ridere. Aveva una bella voce baritonale con un lieve e delicato accento meridionale. «Sono felice di parlarti!» 
 «Anch'io.» 
 «Hai una bella voce. Molto mascolina, molto sexy.» 
 «Grazie, anche tu.» 
 Tacquero per qualche secondo, nervosamente, poi Bulstrode disse: «Non riesco a crederci. Finalmente sento la tua voce vera. E sai una cosa? È esattamente come me l'aspettavo». 
Bulstrode era un veterano assiduo del canale gay, e intratteneva relazioni costanti con i suoi frequentatori da quasi tre anni. «Ho avuto anche un buon numero di avventure grazie a questo canale» disse a Walter. «Per esempio, hai mai notato un tipo che di quando in quando, non troppo spesso, compare sotto la sigla "Barracuda"?» 
«Non ne sono sicuro» ammise Walter. 
«Be', è un ragazzo di Boston, uno studente di Scienze Comparate al M.I.T. Ho avuto una storia d'amore piuttosto importante con lui l'anno scorso. Ci siamo lasciati solo un paio di mesi fa.» 
«Veramente?» fece Walter. «Oh, fantastico! Non avevo mai immaginato che si potesse iniziare un rapporto vero e proprio... in questo modo.» 
«Be', sai, è stata praticamente la relazione gay più seria che abbia avuto finora» disse Bulstrode. «Jimmy, questo era il suo nome... be', lui e io eravamo veramente innamorati. È stata la cosa più bella e più difficile che mi sia mai capitata.» 
«I rapporti a distanza sono piuttosto duri» disse Walter affabilmente. (Aveva appena visto un episodio di uno sceneggiato dedicato all'argomento.) 
«Andavi tu da lui o veniva lui a trovarti?» 
«Oh, non ci siamo mai incontrati» disse Bulstrode. 
Per un secondo, Walter tacque. «Non vi siete mai incontrati?» 
«Oh no. Abbiamo solo parlato al telefono.» 
«Ah.» 
«Sì. Tutti i giorni, spesso più di una volta. E poi un bel giorno io gli telefono e lui mi dice che non ce la fa più, che sta diventando troppo coinvolgente. Cosi, di punto in bianco, rompe. Personalmente, penso che sia stato suo padre. Suo padre lo stava torchiando un po' troppo sul fatto che era gay. E poi, un bel giorno, vengo a sapere che ha cambiato numero di telefono. Gli ho lasciato della posta elettronica, ma lui l'ha ignorata.» Bulstrode sospirò. «Peccato. Ero veramente pazzo di lui. E sessualmente eravamo sintonizzati alla perfezione. Come succede a poca gente nella vita. Gesù, non ho mai fatto l'amore così.» 
«Vuoi dire amore al telefono?» chiese Walter cautamente. 
«Sì, naturalmente. Il più intenso, il più incredibile, il più arrapato amore telefonico che abbia mai avuto. Talvolta restavamo al telefono per cinque o sei ore. Lui veniva sempre tre o quattro volte ma io mi trattenevo. Volevo aspettare fino all'ultimo momento per esplodere al massimo.» 
«Ti piace aspettare molto prima di venire?» 
«Sicuro. E a te?» 

La loro conversazione prese una piega diversa. Dopo, sudato ed esausto, Walter s'infilò a letto vicino a Danny, che era sdraiato rigido, con la faccia alla parete. 
«Ti sei divertito con i tuoi ragazzi?» chiese Danny. 
«Certo» disse Walter. 
Cercò di ridere di quello che gli era appena successo, di trasformarlo in uno scherzo, in un blando passatempo, come Danny immaginava che fosse, ma per tutta la notte Walter non riusci a togliersi di mente Bulstrode. C'era qualcosa d'irresistibile in lui, nella sua incorporeità, come se fosse veramente l'amico immaginario che la maggior parte dei bambini a un certo punto della vita si inventa. Prima di Bulstrode, Walter era rimasto risolutamente anonimo al computer, ma ora qualcosa in quella voce suadente lo convinceva a dire tutto. Com'era sconcertante vivere così, senza mai doversi toccare, senza neanche dover mostrare la propria faccia! Una vita così non richiedeva nessuna responsabilità, nessuna preoccupazione. A casa, con Danny, ultimamente era stato afflitto da una specie di insensibilità, da una mancanza di desiderio sessuale verso il corpo del suo amante, di cui non riusciva a trovare le ragioni: qui, dopotutto, c'era la stessa carne che aveva suscitato in lui una lussuria incomparabile solo pochi mesi prima, e ora avrebbe anche potuto essere uno gnocco di pasta cruda, per l'eccitazione che riusciva a procurargli. Era colpa del tempo? si chiese. Succedeva a tutte le coppie prima o poi? Forse un corpo può suscitare in un altro solo una data quantità di lussuria, forse c'è solo un determinato numero di orgasmi prima che il corpo dell'amato si svuoti completamente del misterioso succo dell'attrazione, e tuttavia Danny non sembrava avere gli stessi problemi. Quella notte, dopo che Walter si era girato dall'altra parte per dormire, Danny gli piombò addosso all'improvviso, prendendolo tra le braccia e allungandogli una mano sul ventre, chiaramente in preda, persino adesso, allo stesso vecchio desiderio cominciato tanti anni fa, in un dormitorio di Yale. 
«Non adesso» sussurrò Walter. «Devo dormire.» 
«Che succede?» chiese Danny. «Vuoi tenerlo in serbo per Mutandine Calde?» Rise con una sfumatura di sarcasmo, o almeno così parve a Walter, e poi si allontanò da lui. 
«Bulstrode» disse Walter, ma non articolò la parola, e dalle sue labbra non sfuggì alcun suono. 

Attraverso centinaia di miglia di cavo telefonico, la sera successiva, Walter raccontò a Bulstrode di suo padre e di sua madre, di sua sorella, del suo cane. Gli confessò la sua crescente ambivalenza sessuale nei confronti di Danny. Ammise di essere assuefatto alla pornografia. Bulstrode assorbì tutto questo, nell'enorme silenzio crepitante dall'altra parte del cavo telefonico. Non offrì quasi nulla in cambio perché non aveva quasi nulla da offrire. Per quel che Walter sapeva di lui, negli ultimi anni Bulstrode si era dato sempre di più al computer finché la sua vita esterna, la sua vita nel mondo, non si era erosa, e si era staccata come un guscio secco. Quanto alla vita del canale, era una faccenda diversa. In questo caso era pieno di storie, di aneddoti, di avvenimenti. [...] 
«Walter» disse Bulstrode, dopo qualche secondo di silenzio. «Posso dirti una cosa?» 
«Ma certo» disse Walter. 
«Mi piaci davvero.» 
«Anche tu.» 
«No, io dico sul serio. Voglio dire che... Io... io ti amo.» 
«Ah...» fece Walter. 
«Ti secca che te l'abbia detto?» 
«No, non sono seccato, solo che...» 
«Solo cosa?» 
«Be'... non ci siamo mai incontrati.» 
«A me sembra di conoscerti.» 
«Sì, ma non so, mi sembra strano. Come fai ad amare una persona che non hai neanche mai visto?» 
«Ma io ti ho visto. Ti ho visto con la fantasia. Non è meglio così? Così niente può rovinarti ai miei occhi. Cosi sarai sempre perfetto.»
«Ma io non sono perfetto» disse Walter. «E questo non è amore.» 
«Ciascuno ha la propria definizione di amore» disse Bulstrode. «Comunque non te la prendere così. Non pretendo di essere ricambiato. Volevo solo che lo sapessi... Che sapessi a che punto erano arrivati i miei sentimenti.» 

Walter tacque per un momento, alla ricerca di qualcosa da dire. «Be', sono contento che tu me lo abbia detto» disse alla fine. «Sono, ehm, commosso.» Si schiarì la gola. «Scusa, ma adesso farei meglio ad andare, devo tornare a casa.» 
«Non sei arrapato?» chiese Bulstrode. 
«Stasera no, forse domani...» 
«A che ora?» 
«Non saprei, verso le sette.» 
«Chiamo io?» 
«No, incontriamoci sul computer. D'accordo?» 
«D'accordo.» Walter riattaccò. 
All'improvviso si vergognava, ed era spaventato come se avesse davvero avuto una relazione, e la relazione gli avesse preso la mano. Naturalmente non era così. Poteva cambiare il suo numero di telefono, decidere di non accendere mai più il computer, e Bulstrode sarebbe scomparso dalla sua vita. Non ci sarebbe stato niente da confessare a Danny; Danny avrebbe riso. Scomparso! Come faceva Bulstrode a scomparire? Non esisteva neanche. Chi era, che aspetto aveva, quanti anni aveva, persino il suo nome, tutte queste cose erano misteriose. La sua casa era misteriosa, i suoi abiti erano misteriosi. Tuttavia lui e Walter avevano avuto le conversazioni che hanno gli amanti, si erano procurati a vicenda orgasmi come succede agli amanti. Dove sei? gli aveva chiesto Bulstrode. Che cosa hai indosso? Slacciati i pantaloni. Apriti la camicia. Immaginati che ti stia baciando, che ti stia svestendo. Immagina che stia facendo l'amore con te. 

A quanto pareva Bulstrode aveva cessato di credere nella barriera tra immaginazione e realtà. E perché no? Cosa siamo noi, in fondo, si chiese Walter, se non voci, sinapsi, impulsi elettrici? Quando il corpo di una persona tocca il corpo di un'altra, delle sostanze chimiche sotto la pelle si scompongono e si ricombinano, liberando scintille elettriche, che, di neurone in neurone, balzano fino al cervello. Era così diverso da quel che succedeva quando le dita spingevano dei bottoni su una tastiera che inviava dei segnali attraverso il cavo telefonico a un'altra tastiera, ad altre dita? Non c'era forse in tutto questo qualcosa di simile a un tocco? Walter non faceva che udire gente lamentarsi per com'era fatta, non faceva che sentirli dire quanto desideravano essere diversi, essere più grandi, essere più piccoli, più intelligenti, più sexy, più magri. Bulstrode aveva trovato un modo per risolvere tutto questo, aveva scoperto come divenire l'Io che aveva immaginato, l'Io che la sua vera vita, apparentemente, gli impediva di divenire. E Walter capiva. Più di una volta si era fermato di fronte allo specchio dell'atrio del World Trade Center, colpito da quell'uomo distinto in abito scuro e cravatta che gli si parava di fronte con tanta sicurezza e tanto fascino, e si era chiesto come fosse possibile che quell'uomo fosse lui. C'era gente che inventava se stessa. E tuttavia ce n'erano altri - Danny, sua madre - che sembravano dire: io sono quello che sono stato, il posto da cui vengo, chi erano mia madre e mio padre. Il passato mi forma. Il passato mi possiede. L'abisso della famiglia lanciava a Walter richiami interminabili, c'erano voci che lo scongiuravano di riconoscere il proprio legame inseparabile con le mani, le voci, gli odori, le unghie sporche e i baci umidicci, le macchie sanguigne di rossetto, mentre dall'altra parte c'era Bulstrode, solo e unicamente se stesso, che dichiarava a Walter il suo strano amore incorporeo. Bulstrode voleva forse che Walter lasciasse Danny per lui? E in tal caso, dove sarebbe andato? Avrebbero vissuto per sempre nel piccolo corridoio angusto della non corporeità, in un interminabile chiacchiericcio privato? Il suo mondo sarebbe diventato una cabina telefonica? 

Pensando a tutto questo, si spaventò, e all'improvviso desiderò ardentemente di essere toccato. Andò da Danny. Chiamandolo per nome, saettò attraverso la casa, fino in camera da letto, dove Danny stava guardando la televisione, e gli si gettò addosso, professandogli il suo amore nel modo chiassoso e sospetto di un marito che è appena tornato da una puttana. Danny rise e lo allontanò da sé. «Non riesco a respirare» gli disse. «Mi stai soffocando. Gesù!» Walter rotolò via, ansimando. «Che ti succede?» chiese Danny, «non fai mai così.» Walter ansimava. Sullo schermo televisivo alcuni medici in camice bianco si affrettavano lungo i corridoi, spingendo pazienti dagli occhi spaventati sui lettini a rotelle. 

Un tempo Walter conosceva una donna sorda. Viveva nell'altra parte della casa bifamiliare di cui lui e sua madre condividevano l'usufrutto dopo il divorzio. Si chiamava Jeanette, e vendeva hot pants porta a porta. Walter ricordava sua madre strizzata nei rossi pantaloncini aderenti, con le gambe che tremolavano come gelatina mentre si girava di fronte allo specchio mormorando: «Non saprei». La donna sorda era loquace, e aveva una voce gutturale vaga e approssimativa che lui adorava ascoltare. Quel che lo sconcertava era come la donna, pur non avendo mai udito alcun suono, riuscisse egualmente a contrarre i muscoli della gola, fiduciosa che qualsiasi forma di comunicazione ne fosse risultata, avrebbe assunto una sua vita in quel mondo che per lei esisteva solo come un atto di fede. In fondo, non era così anche l'amore? Un semplice gesto compiuto attraverso abissi di ignoto? Se questo era vero, allora Bulstrode, nel suo isolamento, nel suo spaziare per tutto il continente, era semplicemente, perfettamente umano. Eppure, Walter non sopportava l'idea di risentire la sua voce. Si aggrappò invece a Danny, trascorse tutto il tempo possibile a coccolare o a baciare Danny. 

Dopo una settimana circa,quando s'inserì di nuovo sul computer, fu sorpreso di non trovare alcun messaggio, neanche della posta elettronica da Bulstrode. Non ne capì bene il motivo, e non capì neanche se ne era contento. Forse Bulstrode si vergognava di essere stato rimbeccato nel suo momento di maggior tenerezza; forse, nel suo mondo ristretto, non riusciva più a sopportare il suono della voce di Walter, o la vista del suo nome, adesso che Walter aveva ricevuto e ridicolizzato la sua offerta più intima. Ma Walter pensò che era più probabile che avesse trovato un altro dei tanti Burinotti Sexy e Top Gun, un altro amico lontano con cui parlare, ridere, confidarsi a tante miglia di distanza, e passare le ore più solitarie.

(David Leavitt - Eguali Amori)

9 commenti:

  1. finalmente bentornato.mi fa piacere rileggere passi dei libri leavitt nel tuo blog, li avevo letti tutti gia' a suo tempo e mi fa piacere che li ami anche tu. per quanto riguardi i tradimenti io farei una distinzione tra quelli di cuore e quelli del corpo ai primi non c'è perdono ai secondi si sa la carne è debole. un bacione T:

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    1. Per capire: cosa significa tradire di cuore? Grazie se vorrai chiarirmi il punto.
      LC

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  2. quando sei coinvolto anche con i sentimenti,quando non è solo una questione fisica T.

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    1. Grazie del chiarimento T. Il punto credo sia accorgersene, presuppone aver chiari i propri sentimenti, mica semplice.
      LC

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    2. Sono d'accordo con entrambi. I tradimenti di cuore son peggiori dei tradimenti di carne, ma come dice LC non sempre è chiaro ciò che stiamo vivendo...

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  3. Oddio, dall'alto dei miei 36 GIORNI di esperienza mi sentirei di dire solo una cosa.
    MA SCHERZIAMO??? amore virtuale???? Il rapporto per telefono che viene troncato perchè troppo coinvolgente????
    Mi sa che non ho ancora capito nulla allora....ma tutto sommato la versione con contatto fisico non mi spiace, non so se avrei voglia di passare alla virtuale.

    No, mi sa di no.....

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    1. Dall'alto dei tuoi 36 giorni (li conti, eh? Sei cotto!), continua così.
      Ma credo che ciò che viene raccontato, le dinamiche al telefono (fu scritto negli anni '90) e ora al pc, siano reali. Spesso ci si "innamora" della figura virtuale che incontriamo, e dell'alter ego che ci rappresenta.

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  4. Certo che Leavitt se ne fa di pippe mentali.
    In questo periodo sto leggendo La lingua perduta delle gru.
    Mi domando, però, se è necessario tirarsi tutti 'sti pipponi. La vita è già complicata così com'è, godiamocela con più semplicità e sincerità. Soprattutto se sei gay e ti tocca fare, a volte, una vita per così dire "sotterranea".
    Preferisco letture più leggere, come i post di (In) che sono comunque piene di spunti di riflessione!

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    1. Ripubblico certi brani di Leavitt perchè, oltre alla loro bellezza, raccontano spesso anche i pipponi mentali miei.

      Credo che per "godersi" la vita (almeno così succede a me) ci sia bisogno di acquisire consapevolezza, piuttosto che dimenticare i problemi. Poi, hai ragione anche nel dire che c'è bisogno di leggerezza. Cerco di bilanciare un po' il tutto.

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