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sabato 4 giugno 2011

Sei gay? Allora pedala!

Cose che succedono quando il tuo mondo ti va stretto, quando solo la fuga sembra essere la soluzione al malessere che stai vivendo. Questo interessante articolo su Sportweek in edicola oggi racconta di Francesco Gusmeri, 40enne bresciano che in crisi e alla ricerca di "senso" prende la sua bicicletta e va fino in Australia. Da questa esperienza ne nasce un libro di viaggio dove tra le cose raccontate c'è anche l'inquietudine per l'accettazione dell'essere gay.
Ve lo ripropongo:

Diario di un gay in fuga
di Matteo Scarabelli

Ha pedalato per più di 30 mila chilometri (9 volte il Giro d'Italia). Da Brescia all'Australia per scappare da una vita che gli sfuggiva e dai suoi tormenti di omosessuale. Sofferenze, gioie e paesaggi che adesso ha messo in un libro
PARTITO IL 5 MAGGIO 2007, HA PEDALATO PER 480 GIORNI
Con il fisico che si ritrova potrebbe giocare pilone in una squadra di rugby. Invece Francesco Gusmeri, bresciano, 40 anni, occhi vispi e modi gentili, ha scelto la bicicletta per la sua percussione intercontinentale. Un giorno, il 5 maggio 2007 ha tirato fuori dal garage la Matarozza, la mountain bike di tutta la vita, ed è partito per l'Australia. L'ha fatto per una ragione molto semplice: essere felice. «Per anni mi sono fatto risucchiare dall'illusione delle palanche (soldi, in dialetto bresciano), della Bmw e delle sacrosante dieci ore di lavoro al giorno.
Ma qualcosa non funzionava, sentivo che la vita mi sfuggiva come una saponetta. Così ho fatto saltare tutto per aria. E la bicicletta è stato il detonatore». Un viaggio che somiglia a una fuga (raccontata nel suo libro Prendo la bici e vado in Australia. Ediciclo Editore, in uscita in questi giorni), perché il carico emotivo è sempre pesante quando c'è un uomo che pedala solitario. In cima all'lzoard come nel deserto cinese del Taklimakan. Nel carico di Gusmeri ci sono anche i tormenti di un omosessuale che ha sofferto a lungo per accettarsi e farsi accettare.

Lei è uscito di casa, ha preso la bicicletta e ha attraversato metà del pianeta. Che sensazioni ha provato la mattina della partenza?
«Non sono dei bei momenti, dopo mesi di preparativi ti rendi conto di non essere pronto per niente. Sono partito sgomento, con un groppone in gola e una strana paura addosso. D'altronde quello è il momento dello strappo, per quanto voluto fa impressione. Anche l'arrivo mi ha giocato un brutto scherzo: più che aver conquistato qualcosa, avevo la sensazione di averla persa». 
Come si fa a decidere di mollare tutto e partire per un viaggio di 30 mila chilometri?
 «Bisogna essere abbastanza disperati, desiderare la fuga più di tutto. Io vivo a Brescia, gli argomenti che vanno per la maggiore sono la figa e i motori. Già i ciclisti vengono guardati male, figuriamoci i ciclisti gay. La nostra è una società rigida che non ti permette di essere te stesso. Se vuoi farlo, prima o poi, arrivi a un punto di rottura. Per me. è stato il viaggio in Australia». 
Perchè proprio questa destinazione?
«Non avevo il mito dell'Australia, era semplicemente il traguardo più lontano. Poi però Melbourne mi ha offerto una grande possibilità. Una volta arrivato, infatti, ho capito che in nessun Paese come quello avrei potuto avere una vita normale, libera dai condizionamenti. Ho sognato di fermarmi lì per sempre. Purtroppo mi è mancato il coraggio e sono tornato. Adesso ne sto pagando il prezzo». 
In che senso? 
«Nel senso che il ritorno e stato traumatico, come immaginavo. Sapevo che mi sarei sentito un disadattato per un sacco di tempo, che non sarebbe stato facile trovare un nuovo lavoro e che la libertà sarebbe evaporata in poco tempo. E così è stato».
Ma allora che cosa resta di un viaggio del genere?
«Un nuovo equilibrio, perche 30 mila chilometri in bicicletta ti cambiano soprattutto la testa. A quarantanni mi ritrovo con un lavoro precario e meno soldi di dieci anni fa. Però sono più felice».
Tra i Paesi che ha attraversato nel suo viaggio c'è anche l'Iran, dove l'omosessualità è vietata per legge. Che impressione le ha fatto?
«L'omosessualità è un tabù, ma l'ospitalità e il calore che ho trovato in Iran sono tra i ricordi più belli di tutto il viaggio. Solo arrivare a Mashhad mi ha fatto un po' impressione poiché lì. qualche tempo prima, due ragazzi poco più che teenager erano stati impiccati nella piazza centrale, Edalat Square. La loro colpa? Essere omosessuali. E uno dei pochi momenti in cui ho rivalutato la cultura occidentale. Che poi "occidente" cosa vuol dire? Brescia e San Francisco non saranno mica la stessa cosa?».
Qual è stato il tratto più duro del suo viaggio?
«Beh, forse il pezzo più duro è quello che mi sono risparmiato, sull'altopiano tibetano. Era ottobre, mi trovavo nel deserto del Taklimakan e le condizioni meteo erano già durissime. Quando montavo e smontavo la tenda, la temperatura era sempre sotto zero. In più, la bicicletta sfiorava i 70 chili di peso perchè avevo ingenti scorte di cibo e acqua. Non me la sono sentita di salire a oltre 4 mila metri di quota. Quella deviazione, però, mi è costata mille chilometri extra nel deserto».
In Cina è stalo a casa di Giorgio Bettinelli, mitico vespista e giramondo, morto nel 2008. Che ricordo ha?
«Bellissimo. Una persona vitale, curiosa, capace di trasformare il viaggio anarchico in uno stile di vita. Quando sono arrivato a casa sua, a Jinghong, stava insegnando a due splendide ragazze a giocare a biliardo. Era parecchio gasato, sembrava un adolescente scalmanato. Lo ammiro per il coraggio con cui ha portato avanti la sua scelta di vivere in modo avventuroso».
E quello che vede anche nel suo futuro?
«Prima o poi, la febbre del viaggio mi tornerà. Ho già fatto qualche pensierino sull'Africa, ma anche le Americhe mi attirano. E magari questa volta troverò anche il coraggio di non tornare».

13 commenti:

  1. Caspita interessante..anche se non mi sono mai trovato nella situazione di sentire il bisogno di fuggire, magari è solo una questione di età!

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  2. Esattamente un'ora fa ho letto lo stesso articolo e ho pensato "cazzo devo fare un post sul blog" ;-)

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  3. @ Still - io invece il bisogno di fuga (non per "scappare" ma per rifarsi una vita nuova, l'ho sentito spesso. Già alla tua età... :)

    @ summ3rw1nd - ti ho anticipato, ma visto che tu scrivi benissimo e hai pensieri sempre molto intensi potresti farlo comunque, raccontando ciò che ha fatto pensare a te. Lo leggerò volentieri (as usual)

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  4. Io sarei felice trovando un lavoro e un marito :D

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  5. @ awkward - magari trovi entrambe le cose in Australia! :D

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  6. Fuggire , sempre sognato, sperato, forse anche cercato...
    Brescia o San Francisco ? Immaginate l'entroterra calabrese o San Francisco, Messina (che, oddio, è già un' altra cosa) o Berlino!
    Desiderare o in qualche modo "costruire" l'altra vita (qualcuno di noi con la fortuna, che è immensa, di un compagno che condivide l'anelito) è l'unico modo x non morire o desiderare di morire (che poi è peggio)
    Ma noi siamo dannatamente ed inguaribilmente ottimisti, al di là del mare, sempre, c'è un mondo meraviglioso che di attende... :))

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  7. Bella esperienza, a volte fuggire è necessario per ritrovare se stessi o quando si vive una vita che non sentiamo nostra.

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  8. PS: alla mia età non so andare in bicicletta. Che ne diresti di un fuoristrada guidato dal mio E.?

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  9. Anch'io nn mi riconosco nel mondo intorno a me, vorrei vivere in un'altra epoca, nn so se futura o passata... Purtroppo per me, a differenza del caso che riporti, faccio parte di quella grande categoria di viscidi coglioni che il cambiamento lo aspettanto... però fatto dagli altri... :/

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  10. In breve: Dire SI alle cose è una scelta che CAMBIA la Vita...
    Anni fa ho detto SI ad un lavoro che mi ha voluto a 600 Km lontano dalla mia terra natale, ho detto SI rinunciando alla mia ex-Vita, ad un rapporto a due costruito su anni e anni di amore,una ragazza, per l'appunto, perchè ha scoperto che avevo una storia con un ragazzo...beh avevo 24 anni e stavo mettendomi alla prova...
    Ho detto SI al CAMBIAMENTO e l'ho VISSUTO prima adattandomi, quindi tra confusione, gioie e ripensamenti e adesso con CONSAPEVOLEZZA e PIACERE nell'averlo fatto...se non avessi RISCHIATO dicendo quel SI la mia Vita non sarebbe cambiata, non avrebe un senso...
    Adesso dopo anni, ho trovato il vero AMORE e il mio vero equilibrio. Con un ragazzo amorevole...e tutto questo senza FUGGIRE, ma solo CAMBIANDO, rischiando..e tutto questo perchè?
    PERCHE' IO VALGO! :)
    baci xxx

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  11. @ Jack - desiderare "l'altra vita..." e semmai non vivere questa. E' un rischio frequente. Speriamo nell'inguaribile ottimismo che dici.
    P.S: la bicicletta s'impara. Ti daremo lezioni noi!

    @ loran - si, uno staccare la spina, tagliare i ponti col passato. Semmai per ritrovarsi e saper tornare, stavolta più sereni e autentici, sui nostri passi.

    @ Miky - il cambiamento per essere tale deve essere agito, mai aspettato. Mi unisco a te nel club dei viscidi coglioni :)

    @ c - hai ragione, sono i SI che cambiano la vita.
    D'altronde, anche l'esperienza del nostro ciclista bresciano dimostra che più che fuga (poteva volare in australia e li restare, molto più comodamente) il suo è stato un mettersi in cammino. Quando ci si mette in gioco, il cambiamento arriva.
    Grazie per il tuo bell'intervento

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  12. @(In): che bello! Le lezioni! Incominciamo?

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  13. Hahahah, ok!!! Chissà mai che pizzicandoci a vicenda qcosa si (s)muove.. ;)

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