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martedì 30 marzo 2010

C'è chi esce dall'armadio

Tutti parlano del coming out di Ricky Martin. Una notizia che forse è una non notizia. Come tutti ho letto anch'io la sua lettera sul suo sito e mi piace. Devo dire che è una bella lettera. La riporto qui e la traduco per voi. Perdonate le mie imprecisioni ma fermarmi qui a trascriverla, a lavorarci sopra, è quasi una terapia.
Alcuni mesi fa ho deciso di scrivere le mie memorie, un progetto che, sapevo, mi stava portando vicino ad una meravigliosa svolta nella mia vita. Dal momento che scrissi la prima frase mi fu chiaro che quel diario sarebbe stato lo strumento che mi avrebbe aiutato a liberarmi dalle cose che mi stavo portando dentro da molto tempo. Cose che erano per me troppo pesanti da tener dentro. Scrivendo il resoconto della mia vita, mi avvicinai molto alla mia verità. E questo è qualcosa che merita di essere festeggiato.
Da molti anni c'è solo un luogo dove sono in contatto con le mie emozioni senza paura, e questo luogo è il palcoscenico. Essere sul palco riempie la mia anima in molti modi, quasi completamente. E' il mio vizio. La musica, le luci ed il boato del pubblico sono elementi che mi fanno sentire capace di tutto. Questo afflusso di adrenalina crea una dipendenza incredibile. Non vorrò mai smettere di vivere queste emozioni. Ma è la serenità che mi ha portato ad essere dove oggi sono. Un fantastico ed emozionante luogo di comprensione, riflessione e illuminazione. In questo momento sto provando la stessa libertà che sento solo sul palco e che senza dubbio, devo condividere.
Molta gente mi dice: "Ricky, non è importante", "non ne vale la pena", "tutti questi anni di lavoro, tutto quello che hai costruito crollerà", "molta gente al mondo non è pronta ad accettare la tua verità, la tua realtà, la tua natura". Siccome questi consigli venivano da gente che amo profondamente, ho deciso di continuare la mia vita senza condividere col mondo la mia completa verità. L'essermi lasciato irretire dalla paura e dall'insicurezza è diventato il mio auto-sabotaggio. Oggi mi prendo la piena responsabilità della mia decisione e delle mie azioni.
Se qualcuno oggi mi chiedesse:"Ricky, che cosa ti fa paura?" risponderei "del sangue che scorre nelle strade nei paesi in guerra, dei bambini schiavizzati, del terrorismo, del cinismo di alcune persone in posizione di potere, della distorta interpretazione della fede". Ma paura della mia verita? No, non più. Al contrario, mi riempie di forza e coraggio. Questo è ciò di cui ho bisogno, specialmente ora che sono padre di due splendidi bambini che son così pieni di luce e il cui loro sguardo sul mondo mi insegna cose nuove ogni giorno. Continuare a vivere come ho fatto sino ad oggi sarebbe indirettamente sminuire lo splendore con cui i miei figli son nati. Basta! Le cose devono cambiare. Questo non sarebbe successo 5 o 10 anni fa, ma succede oggi. Oggi è il mio giorno, questo è il mio tempo, il mio momento.
Questi anni di silenzio e riflessione mi hanno rafforzato e mi hanno ricordato che l'accettazione deve nascere da dentro e che questo tipo di verità mi dà la forza di provare emozioni che non sapevo nemmeno che esistessero.
Cosa succederà ora? Non importa. Posso solo concentrarmi su ciò che mi sta accadendo in questo momento. La parola "felicità" acquista un nuovo significato per me, oggi. E' stato un cammino interiore molto intenso. Ogni parola che esce da questa lettera nasce dall'amore, accettazione, distacco e reale soddisfazione. Scrivere questo è un solido passo verso la mia pace interiore, la mia parte vitale di evoluzione.
Sono così fiero di dire che sono un uomo omosessuale fortunato. Mi sento benedetto per essere quello che sono.
RM
Ma quando si dice "fortunato" intende per la fortuna di avere al fianco un bonazzo così?

4 commenti:

  1. Concordo a pieno con lui, il dichiararsi è un processo di crescita interiore che richiede i suoi tempi e modi per venir attuato. Io ad esempio l'ho fatto che avevo 30 anni e in un contesto abbastanza controllato e quando mi sono sentito sicuro di certi aspetti della mia personalità.

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  2. Sono d'accordo. Mi fa invidia cuando vedo dei conoscenti che hanno visutto questo con naturalitá. Io sto cominciando a vivere come sono ma soltanto mi dispiace il male che ho fatto ad altre persone per le mie paure. Ma sento tanto rispeto per chi si decide a paralare o chi non vuole. Ma come diche R. Martin pero me non direi che una benendizione ma si me sento contento e felice di quello che sono. Scussate se no mi spiego bene.
    Saluti

    lo spagnolo

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  3. copio e incollo il commento che ho già lasciato in un altro blog.

    qualcuno dirà "era ora", qualcun'altro dirà "e chi se ne frega", sta di fatto che ora si chiude un fascicolo dei "gay-files".
    e ora che non si può più ipotizzare, per cosa si parlerà di lui?
    lo vedremo spupazzarsi qualche bel portoricano?
    si darà intensamente alla musica?

    in più aggiungo che anche secondo me con "fortunato" intendeva quello xD

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  4. @ Anonimo -lo spagnolo - Sei stato chiarissimo, vero, intenso! Un abbraccio.

    @ Lavega - Il tuo "era ora" o "chi se ne frega" pongono infatti più di una questione che mi riconduce alle parole di "Lo spagnolo" sul rispetto a chi si decide a fare coming out ma anche rispetto a chi sceglie di no. E come dice "loran" il dichiararsi è un processo di crescita interiore: ad ogni storia il suo tempo, ad ogni uomo il suo cammino. Bel tema... vorrei parlarne di più... dedicandoci semmai altri post... con il contributo dei lettori del blog.

    Ancora grazie a tutti per i vostri stimoli.

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