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giovedì 3 marzo 2011

Con moglie a carico

Mi sento il paladino di chi vive in the closet.
Scherzi a parte, questo blog, oltre ad essere il mio spazio di sfogo personale e nato anche per dar voce ai tanti che come me non si sono ancora dichiarati. Attraverso questo blog molte persone che si trovano più o meno nella stessa mia situazione mi scrivono e raccontano la loro esperienza. Mi scuso per i ritardi nelle risposte, ma davvero fatico a gestire tutta la corrispondenza. A voi dico: mi fa piacere e grazie per l'interazione.
Alcune lettere mi arrivano da uomini sposati. Sono sempre molto colpito da queste esperienze: persone che per vari motivi si ritrovano a convivere con una donna più o meno amata (alcuni si, altri no). Chi ha fatto questa scelta per nascondersi ancor di più, chi invece ha creduto e ancora crede a quell'amore che sta vivendo pur dovendo castrare una buona parte di se. Il massimo rispetto e nessun giudizio per il loro vissuto che è spesso accompagnato da grosse fatiche.
Agli sposati, in particolare a loro, dedico questo passo de "La lingua perduta delle gru" che trovo così dettagliato ed estremamente affascinante per come racconta la lotta interiore di Owen.
Il brano parte del rientro a casa di Owen, dopo esser stato in un cinema a luci rosse ed aver trovato un bigliettino d'invito da un altro uomo.

«Dio mio, come sei bagnato» disse Rose. «Sei venuto a piedi fino a casa?» Poi trattenne il respiro. Senza averne nessuna in­tenzione, aveva accennato al loro incontro, quello strano mo­mento ottuso in strada che era sembrato verificarsi sulla soglia di un'altra vita.
«Sì» disse Owen. «Non so perché... Ne avevo voglia, senza un motivo particolare.»
«Dammi il tuo impermeabile» disse Rose. Incominciò a sbot­tonarglielo, e la mano di Owen si infilò con uno scatto nella ta­sca dell'impermeabile, si chiuse intorno al piccolo cuneo di car­ta dai bordi ben ripiegati, e lo tirò fuori mentre l'impermeabile gli veniva tirato via per passare nelle mani di Rose. Di nasco­sto gli cambiò posto e lo mise nella tasca dei pantaloni. La sua mano rimase lì, ad accarezzarlo, a ripiegarne i bordi.
Rose stava appendendo l'impermeabile. Lui provò un'im­provvisa fitta di colpa osservandola, ricordando la fantasia che aveva avuto quel pomeriggio su di lei, riconoscendo, quasi per la prima volta dopo anni, tutto il bene che lei gli aveva fatto, la loro comoda vita insieme, quella casa costruita a precisa misu­ra della loro compatibilità.
«Grazie» le disse. Non riuscì a dire "mi spiace", benché lo desiderasse. Cercò di pensare a quante domeniche aveva fatto esattamente la stessa cosa: tornare da questo o quel cinema a luci rosse, purgato (per il momento) dalla tensione di una set­timana, dal bisogno di una settimana, e immaginare che in un singolo pomeriggio l'inferno fosse stato spazzato via dalla sua vita. Sicuro a casa, provava quel genere di sollievo che prova un bambino quando compie un furtarello senza essere sorpre­so. Pensava al rischio che aveva corso, contemplava il pericolo della situazione, e si annidava nella sicurezza assoluta della sua poltrona, col suo libro e il suo dolce.
 Eppure, di settimana in set­timana l'inferno incominciava a insinuarsi nella sua vita con un pochino più d'anticipo, dopo solo un giorno, una sera, un'ora. Con esso arrivava un desiderio di una sorta che non aveva mai immaginato possibile, e l'unica cosa che lo tratteneva dal tor­nare nel cinema durante la settimana era la sua paura immen­sa di essere visto. Così aspettava fino alla domenica, un giorno che considerava in qualche modo santificato e pertanto sicuro. Si concedeva le domeniche. Eppure, ogni domenica sera, tor­nando a casa, si chiedeva quanto sarebbe potuto andare avanti così. All'inizio si era accontentato dei film soltanto, poi di una rapida sega nell'ultima fila, poi, col passare degli anni, di suc­chiare e di farsi succhiare, con le dita su per l'ano; una volta, un blando tentativo di scopata. Talvolta la repulsione per le proprie azioni era così forte che si ritrovava a sputare sul marciapiede, ripetutamente, con un bisogno disperato di liberarsi la bocca da quel gusto. Ogni settimana voleva sempre di più.
Rimase in piedi in corridoio mentre Rose appendeva il suo impermeabile sopra la vasca da bagno. Si circondò il corpo con le braccia e pensò: "Alex Melchor". Lo sconcertò scoprire, dopo tutto questo tempo, di avere ancora la capacità di provare gioia, e il suo piacere nel provare piacere era di per sé una sensazione così piacevole che alla fine il bigliettino vero e proprio non con­tava poi così tanto. Comunque, ricordò a se stesso, le cose anda­vano male come sempre. Lui e Rose dovevano ancora prende­re una decisione sull'appartamento. Non era cambiato niente. No, tutto era come era sempre stato. 
E mentre si ripeteva tra sé queste parole, la sua mano tastava la tasca e accarezzava il bi­gliettino. Sulle prime lo aveva spaventato. Sulla via del ritorno aveva dovuto infilarsi in un caffè e aspettare finché non era sta­to sicuro che nessuno lo guardasse prima di azzardarsi ad apri­re il bigliettino e rileggerlo. Diceva veramente quel che aveva pensato che dicesse. C'era davvero un numero di telefono - lo aveva già memorizzato, caso mai gli fosse capitato di perdere il bigliettino, anche se l'idea di comporre effettivamente il nu­mero era ancora inconcepibile. Se la stava godendo, mentre era lì in piedi, a creare schemi matematici con le sette cifre del nu­mero, immaginando delle chiavi per memorizzarlo, somman­do e sottraendo e moltiplicando.
Entrò in bagno e disse: «Rose». Lei si girò, sconcertata, e lo guardò. Lui le stava sorridendo.
«La mia Rose» disse lui, e l'abbracciò. All'improvviso gli ven ne voglia di raccontarle tutto di quest'uomo, questo Alex Mel­chior, questo numero le cui tre prime cifre sommate davano lo stesso risultato delle ultime quattro. Avrebbe voluto che loro due fossero amici, che lei fosse la sua confidente. Questi impul­si assurdi a confessare lo avevano assalito prima, comunque, e aveva imparato a controllarli. Rose era sua moglie. E al pensie­ro di Alex Melchor, della sua mano, dei suoi occhiali, Owen fu colto da un desiderio improvviso; si piegò a baciarla. Poi si al­lontanò. «È stato bello incontrarti oggi» disse.
«Sì» fece lei. «Strano, vero?» Tornò ad appendere il suo im­permeabile sulla rastrelliera per gli asciugamani.
«Vado in soggiorno» disse lui, e si allontanò da Rose. "Bene, forse sono andato in quel cinema per l'ultima volta." Sorrise a quel pensiero ricordando la prima volta - l'orrore che aveva pro­vato, la fitta improvvisa nel rendersi conto che era, come ave­va sempre temuto, un omosessuale. E che cosa aveva fatto? Era schizzato fuori dal locale e immediatamente dopo aveva pratica­mente violentato la povera Rose sul divano del soggiorno, cer­cando di vedere lei, soltanto lei, di allontanare a forza dalla sua mente le immagini di quello schermo. Ma, quando era venuto, era ai maschi che stava pensando, anche se aveva detto: «Rose, Rose», e lei gli aveva risposto: «Sì, sono qui, sono qui. Non ti lascerò andare. Non ti lascerò mai andar via». Averle mentito - aver costruito un matrimonio con lei sulla base di una bugia sessuale - era un rimorso di tale grandezza che non riusciva ad affrontarlo; era pertanto un rimorso che, in questo momento, decise di ignorare. 
Per anni, dopotutto, si era detto che se qual­cuno glielo avesse chiesto, avesse insistito, se qualcuno gliene avesse dato la possibilità, lui ne avrebbe approfittato. Non ave­va mai immaginato che sarebbe davvero successo; dopotutto, lui era un uomo sposato, completamente eterosessuale agli oc­chi del mondo. E adesso era successo. Aveva l'occasione in ta­sca. Qualcuno chiamato Alex Melchor lo desiderava. Sarebbe stato semplice. Gli avrebbe telefonato. Gli avrebbe telefonato e avrebbe detto... oh, lasciamo perdere cosa avrebbe detto. At­traversò il soggiorno, si sedette sulla sua poltrona, prese il suo libro. Sapeva di poter vivere questa possibilità semplicemente come una possibilità per un bel po' di tempo; sapeva di poterla far durare per giorni adesso, perché un uomo affamato ha una nozione diversa dell'abbondanza.
Rose sedette sul water, in bagno, guardando l'impermeabile di Owen. Dall'altra parte della stanza, la sua faccia nello spec­chio era annebbiata dal vapore. Si portò la mano nel punto del­la faccia che Owen aveva appena baciato.
(David Leavitt - La lingua perduta delle gru)

18 commenti:

  1. Non voglio rompere..
    la bellezza di questo brano che riporti...con le mie solite stronzatielle!
    Dirò solo che è un romanzo bellissimo e che chi vive la sua sessualità "nell'ombra", lo faccia se lo vuole fare!!!!
    Siamo liberi..liberi come gru

    for you

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  2. Io non saprei cosa dire, il mio posto all'ombra non è mai esistito.

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  3. mi hai fatto venire voglia di rileggerlo T.ensitinu

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  4. Sono situazioni che ognuno deve vivere secondo il proprio sentire. Credo sia fondamentale il rispetto dell'altra persona e di se stessi.

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  5. Ooooohh, ma non conosco quel libro... ;)

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  6. vivere nell'ombra....è difficile da comprendere ma a volte non è che lo si vuole fare lo si deve fare.
    lost

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  7. Ogni volta che rileggo questo libro resto sempre colpito... è uno dei miei preferiti e mi capita spesso di rileggerlo...

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  8. @ Nanà - già, la libertà di dichiararsi o di vivere nell'ombra. Il rispetto, prima di tutto, delle scelte di ciascuno.

    @ Russel - beata la tua autenticità!

    @ T. - ensitinu? che vuol dire?

    @ Lorenzo - rispetto per se stessi e per l'altra persona. Fondamentale! Può voler dire tutto o niente, perchè filtrato da modi diversi di veder le cose, filtrato dal vissuto soggettivo. Ma la tensione a non fare/farsi troppo male dovrebbe modulare le proprie scelte.

    @ Miki - io lo sto centellinando. E' volutamente una lettura lenta. Fammi sapere cosa ne pensi quando l'hai finito pure tu.

    @ lost - le scelte partono sempre da noi stessi, non ci si scappa, ma davvero esistono situazioni limite che bloccano in modo sostanziale l'uscire allo scoperto. Ecco perchè mai bisogna biasimare ne forzare chi certi passi non li può o non riesce a fare.

    @ Majin79 - te l'avevo già detto. L'ho scoperto grazie al tuo blog. :)

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  9. Si anche io rimango colpito e anche un po' stupito da queste situazioni specie in persone che hanno come me passato da poco la quarantina, e che quindi non si sono spaosti moltissimi anni fa, ma a volte la vita prende strade e direzioni che per vari motivi non riusciamo ad invertire e senza alcun giudizio resta sempre un po di amarezza per le esperienze e le situazioni che non abbiamo vissuto.

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  10. grazie per avermi fatto riflettere sulla necessità di non giudicare le scelte altrui, soprattutto quando non le condividiamo affatto, che è più importante.
    e per avermi ricordato con questo brano il senso del segreto, che viviamo o abbiamo vissuto tutti e che ci dovrebbe far comprendere.

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  11. Ormai è chiaro. Adori David Leavitt. :-)

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  12. @ loran - strade e direzioni... vero! Forse la vita è quella che si vive tra le pieghe della vita.

    @ Oscar - il segreto! Esperienza che ha toccato un po' tutti noi e come tu dici, ci dovrebbe far comprendere. Ecco perchè mi infastidiscono più gli outing (leggi sputtanamenti) esercitati da altri gay, semmai con la scusa di "farlo per il tuo bene". La vivo come una vera violenza.

    @ Mr Moscone - eh si, e so già che questo blog vedrà ancora molti brani suoi perchè, caspita se mi piacciono. Scriverli qui è un annotarmeli per mia futura memoria

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  13. Spesso mi ritrovo a fantasticare su persone sposate, sulla quarantina, sperando di poter avere una storia con loro. Mi chiedo: e se fossero omosessuali? Proprio come scrivi nel blog, si sente dire che molti uomini, apparentemente etero sono omosessuali nascosti.
    Ho conosciuto uno, bellissimo, virilissimo, sposato con prole. Mi immagino quando torna a casa e si spoglia, fa la doccia, va a letto. Mi piacerebbe entrare a me nel suo letto... sogno ad occhi aperti. Poi mi dico: è sposato. Ma se sotto sotto fosse gay? Per il momento non ho mai trovato nessuno così. Ma come si fa a capire se sotto sotto...?
    Luke

    P.S.: se poi vi interessa, vi racconto di più di lui... e del mio collega (bellissimi...........)

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  14. @Luke.ci interessa... ci interessa.ciao
    lost

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  15. @ Luke - come si fa a capire? Forse non esiste risposta che vada bene in tutte le situazioni. Consiglio però di usare cautela per non prendere fischi per fiaschi e non compromettere un'amicizia o un rapporto di lavoro. Sull'interesse, ha già risposto lost.

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  16. Letto alcuni post in cui parli di questo libro, sembra molto interessante, ma come nasconderlo in casa con i miei a vigilare ovunque ? In macchina non se ne parla, gli amici sono pure peggio....
    Avrei una gran voglia di leggerlo, anche se non sono un gran lettore in generale..

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    Risposte
    1. Se ti può servire, si può ottenere anche una copia on-line in pdf.

      http://www.ibs.it/ebook/Leavitt-David/la-lingua-perduta-delle-/9788852017179.html

      Elimina

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